Sono passati sessantacinque anni dal 25 aprile 1945. Un giorno fondamentale per la nostra democrazia, dopo un ventennio durante il quale una dittatura aveva stretto l’Italia in una morsa dalla quale pareva non si sarebbe più potuta liberare. Lasciamo stare il fatto che probabilmente Mussolini al potere abbia fatto comodo a molti e che, fino a quando non si fece contagiare dalla follia dell’alleato germanico, forse “i treni non arrivavano più in ritardo e per le strade non si trovavano più delinquenti”. Resta assodato che era una dittatura e che per molti non esisteva più libertà di pensiero, di espressione e di movimento. Chi, come me, ha fatto le scuole medie e le superiori negli anni sessanta, tante volte si è trovato a confrontarsi con questo tema molto scottante e allora temporalmente molto vicino. Tante ne sono state scritte e dette, ma una frase su tutte mi torna alla memoria e voglio riportarvela così come la ricordo. Disse il giurista, giornalista, politico fiorentino Pietro Calamandrei che “ … era giunta l’ora di resistere, di essere uomini, di morire da uomini per poter vivere da uomini …“. Non so quanti degli insegnamenti di quel periodo siano rimasti oggi nel cuore e negli ideali del popolo italiano, certo è che chi ha vissuto quegli anni ne deve aver visto di tutti i colori. Purtroppo non tutti erano in buona fede e con la scusa della lotta partigiana furono perpetrate anche innumerevoli vendette personali. Ora se è indubbio che il 25 aprile è e deve restare la data che ricorda la Liberazione dalla dittatura, è altrettanto vero che si devono ricordare con rispetto anche coloro che sono morti combattendo per la parte “sbagliata”, e a questo proposito esiste un libro di qualche anno fa, di Giampaolo Pansa, “Il sangue dei vinti”, molto criticato, secondo me ingiustamente, dalla sinistra italiana, dove sono ben narrate alcune vicende oscure di quel periodo. Un ultimo pensiero va a coloro che volevano cancellare “Bella ciao” dalle canzoni che ricordano quei tempi per sostituirla con la “Canzone del Piave”. Si giudicano da soli, a parte l’antistoricità di un’idea a dire poco balzana.
Fabrizio Scarpa – 28 aprile 2010
“il Mercoledì” – numero 17 anno XVI