Quaranta scudetti al Veneto, ventuno alla Lombardia, cinque a testa al Lazio e all’Abruzzo, tre all’Emilia, due alla Campania, e uno solo al Piemonte (Ginnastica Torino – 1947), in quasi ottanta anni di storia italiana della palla ovale, con due edizioni non disputate alla fine del secondo conflitto mondiale. Uno sport, il “rugby”, che racchiude alcuni dei valori fondamentali della vita: la solidarietà, la generosità, l’altruismo, l’umiltà; valori che entrano in chi pratica questo gioco, incidendo fortemente sulla sua educazione e sul suo carattere. In esso convivono forza fisica e agilità non disgiunte ovviamente dalla tecnica, e dalla tattica, la quale lo avvicina di molto a una partita a scacchi. Altre due componenti importanti sono il rispetto: per gli avversari, per i compagni di squadra, per il pubblico e per l’arbitro; e il coraggio, senza il quale in campo non si può vincere la paura, che diventa paradossalmente la prima forma di coraggio: un poco come l’eroismo. A chi vede una partita per la prima volta può apparire disordine, caos, in realtà presto ci si accorge che niente altro è che ordine dinamico, in costruzione. Una orchestra di corpi che si muove sul terreno di gioco, quasi seguendo uno spartito imposto dal campo e dall’avversario. Uno sport in cui il collettivo, lo spirito di squadra, prevale sempre sul singolo e nel quale un giocatore che si macchi di condotta antisportiva viene giustamente fischiato dai propri tifosi. (continua)
Fabrizio Scarpa – 26 marzo 2008
“il Mercoledì” numero 12 anno XIV
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