Torino – Novara, andata e ritorno. Quante volte ho fatto questo tragitto, raramente in treno, mai in autobus, quasi sempre in automobile, per andare a trovare dei cugini “emigrati” da Torino verso l’inizio degli anni Sessanta. Questa volta non si tratta di un viaggio sulla A4, ma delle partite che ci saranno nel prossimo campionato di serie B, la serie cadetta del calcio nostrano. Infatti dopo trentatre anni il Novara è meritatamente ritornato in serie B, al termine di una annata condotta in modo esemplare, imbattuto fino a poche giornate dalla fine delle ostilità, fatto del resto già citato qualche settimana fa in uno di questi angoli. Per nulla invece possiamo gioire noi “vecchi cuori granata”, che nella serie cadetta siamo rimasti, dopo un campionato disastroso nel girone di andata e quasi trionfale nel ritorno, sufficiente soltanto a finire allo spareggio finale perso con il Brescia. Una cosa assolutamente inutile sarebbe piangere sul latte versato. Purtroppo da tanti anni il Toro è una società “senza capo né coda”, con una dirigenza che è stata capace soltanto di cambiare un numero incredibile di allenatori e di comprare giocatori che, una volta giunti nella capitale subalpina, se anche avessero avuto qualche capacità, finivano per vagare per il campo come dei “morti viventi”. Solo da gennaio di quest’anno sono arrivati alcuni elementi con ancora “fame di giocare”, ma come si è poi visto a nulla è servito, così come sono stati inutili l’impegno e le reti del nostro capitano, Rolando Bianchi, quasi un granata di altri tempi, che sarebbe rimasto se il Toro fosse tornato in serie A, protagonista in positivo come il portiere Sereni e ben pochi altri elementi. La realtà è stata cruda e amara. I tifosi granata passeranno un altro anno a soffrire, consci del fatto che “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Ho voluto sentire tre Granata a Denominazione di Origine Controllata per un commento alla incresciosa fine della nostra squadra del cuore. Il Direttore laconicamente così si è espresso: “Meglio restarci in serie B che subire l’anno prossimo l’umiliazione di ritornarci”. Il Beccaria, di manzoniana progenie, caporedattore delle pagine sportive e quindi più tecnico, ha dichiarato: “il Brescia meritava la serie A, noi (la società e la presidenza!) abbiamo fatto veramente di tutto per non raggiungere la promozione, regalando decine di punti soprattutto nelle partite casalinghe”. Infine l’Anticosaggio si è avvalso della facoltà di non rispondere con un semplice: “l’istinto di sopravvivenza mi impone di accettare il fatto compiuto, pur con il dispiacere di chi ha ancora nel cuore il ricordo del Grande Torino”.
Che dire di altro, il Toro è una fede, noi granata siamo nati per soffrire, però che …! A me personalmente non danno più neppure soddisfazione le disgrazie sportive dei gobbi cugini bianconeri.
Fabrizio Scarpa 16 giugno 2010
“il Mercoledì” numero 24 anno XVI
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