Sono passati otto anni, è finito un secolo, anche un millennio. Georges Brassens, Massimo Bubola, Leonard Cohen, Francesco De Gregori, Bob Dylan, Ivano Fossati, Edgar Lee Master, i New Trolls, Mauro Pagani e la Premiata Forneria Marconi, lo stesso Paolo Villaggio, sono solo alcuni di coloro con i quali, direttamente o indirettamente, Fabrizio De André si è incontrato nel suo più che quarantennale cammino artistico, durante il quale ci ha raccontato tante storie, prese soprattutto nell’universo dei deboli, dei derelitti, dei defraudati, dei diseredati, ma ci ha lasciato anche momenti d’amore e di intensa spiritualità con il suo linguaggio poetico. Già, perché di poesia è giusto parlare riascoltando le sue canzoni. Molto spesso le parole separate dalla melodia restano nel silenzio, e la musica aiuta a mascherare testi che, senza il ritmo che li accompagna, rimangono strofe poco significative. Fabrizio scrive pensando alla musica, non per la musica, ama la musica e scrive testi poetici che si lasciano leggere così come si fa con la poesia, della quale è divenuto così padrone della metrica e della rima, da non perdere occasione per proporre immagini che si sovrappongono, si ammucchiano l’una contro l’altra, dal primo all’ultimo verso. Provate anche voi a leggere “Preghiera in gennaio”, scritta in ricordo del suo amico Luigi Tenco. Di certo sentirete dentro di voi la sua voce, unica, particolare, ma proverete dolci attimi poetici. Sono passati otto anni dalla sua morte. Ciao Faber.

Fabrizio Scarpa – 10 gennaio 2007
“il Mercoledì” – numero 1 anno XIII

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