Sovente i numeri hanno un significato e questo accade particolarmente nella famosa “smorfia” napoletana, dove i sogni notturni vengono tradotti in ambi, terni, quaterne e addirittura cinquine, nella speranza di tramutarsi in sogni a occhi aperti. Molte volte rimangono nella storia, e questo è il caso del 68. Il sessantotto (il 1968) ha segnato una tappa importante per le generazioni che allora frequentavano le università e le ultime classi delle scuole superiori, sull’onda di un “terremoto” che ha scosso praticamente tutto il globo terrestre, dalle primavere di Praga e di Belgrado al maggio francese, quasi una nuova rivoluzione contro lo Stato tipo 1789, dal movimento culturale iniziato in Cina nel 1966 al massacro di un centinaio di studenti nell’ottobre di Città del Messico, solo per ricordare alcuni dei momenti più eclatanti. In Italia, come del resto nella cugina Francia, la presenza di giovani operai accanto agli studenti portò la contestazione a picchi molto elevati, con l’occupazione di scuole università fabbriche, scontri con le forze dell’ordine a livello di guerriglia urbana. Molti “valori”, forse già desueti, vennero messi in discussione e anche del tutto cancellati, senza però essere sostituiti da altri nuovi. Quindi per certi versi, senza nulla togliere al momento storico, una grande occasione perduta. Allora il concetto di famiglia incominciò a vacillare e allora i “vecchi” furono messi da parte, perdendo quel ruolo rilevante che avevano nelle famiglie tradizionali, ruolo che non sempre era da “padri padroni” ma più spesso di riferimento e memoria storica. Una abitudine non più perduta quella di distruggere senza ricostruire.
Fabrizio Scarpa – 5 dicembre 2007
“il Mercoledì” – numero 44 anno XIII