L’economia va male, è un dato di fatto che non si può confutare. Anche il mondo del lavoro vive un momento di profonda depressione, tutto è cambiato perché doveva cambiare, l’elemento umano è stato sostituito da una macchina, ma resta il fatto che dove ora ci sono delle macchine a fare un qualsivoglia tipo di lavoro prima c’erano degli esseri umani, con tanto di famiglia e di figli, che un lavoro non ce lo hanno più, quindi non hanno più uno stipendio e di conseguenza non possono più “consumare”. Dove c’è un bancomat, o una cassa automatica, dove si passa velocemente con il telepass, prima c’era una persona a fare quel lavoro. Il problema è grosso e probabilmente irrisolvibile, ma ancora una volta abbiamo usato il progresso per farci del male, per correre veloci, temo, verso l’autodistruzione. Assodato che la crisi economica c’è e che stiamo attraversando tempi duri, non posso fare a meno di sottolineare il fatto che in questo marasma non sono pochi quelli che ne approfittano, quelli che, come si suole dire, “ciurlano nel manico”. Sono passati quasi dodici anni da quando sono arrivati gli “euri”. Una grande occasione, una ottima opportunità per creare una economia forte a livello europeo. Pare che non sia andata così, purtroppo! Chi alla fine del 2001 aveva uno stipendio di circa due milioni si è visto il mese dopo accreditare uno stipendio di circa mille euro, questa è stata la proporzione. Tutto avrebbe dovuto andare avanti con la stessa proporzione, ma decisamente così non è stato! Se prima (non se la prendano i miei amici pizzaioli!) si andava a mangiare una pizza, bevendoci sopra una birra, spendendo le nostre vecchie diecimila lire, con l’avvento degli “euri” il conto è passato a dieci euro. Apparentemente, ma forse anche no, potrebbe sembrare tutto normale, se non fosse che gli attuali dieci euro corrispondono alle “antiche” ventimila e non già alle diecimila lire. Non mi permetto di accusare nessuno ma i conti non mi tornano e credo che finiranno per non tornarmi mai. Un mezzogiorno, con una cara amica, spinti dai morsi di un sano appetito, ci siamo fermati a fare uno spuntino nel dehor di un bar in uno degli angoli più belli di Torino. Due insalate, buone e tutt’altro che striminzite, una bottiglia di acqua “naturalizzata” e un caffè, tovagliette e tovaglioli di carta, ciotole sbeccate: totale venticinque “euri” (cinquantamila lire, circa). Se molti locali non lavorano probabilmente non è solo colpa della crisi. Non si sarà per caso perso definitivamente il senso della misura?

Fabrizio Scarpa – 11 settembre 2013 “il Mercoledì” numero 32 anno XIX

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