Correva l’anno … Un po’ storia e un po’ leggenda, correva l’anno 1679, il giovanissimo duca Vittorio Amedeo II, futuro re di Sardegna, era assai cagionevole di salute e soprattutto soffriva di inappetenza e di mala digestione. Il medico di Casa Savoia, Don Baldo Pecchio, di Lanzo Torinese, ebbe un’idea geniale. Ordinò al fornaio di corte, tale Antonio Brunero, anche lui di Lanzo, di creare un pane ben lievitato, ben cotto, molto croccante e senza tutta quella mollica particolarmente indigesta al piccolo duca. Fu così che il nostro bravo “panataro”, mentre preparava la “ghersa”, il tradizionale pane a forma allungata, tipo filone, forse cugino della francesissima baguette, dette vita al “gherssin”. I “gressini”, come li chiamano comunemente i piemontesi, erano e sono liste di pasta ben lievitata, lunghe due spanne e larghe circa mezzo pollice, aromatiche, ben cotte, friabili e con tanta crosta dorata. Vittorio Amedeo gradì molto questo nuovo pane, che lo aiutò a guarire in fretta, e ne fu sempre ghiotto. Nato a Torino il 14 maggio 1666, morì a Moncalieri il 31 ottobre 1732, dopo avere dominato la scena politica italiana per quasi mezzo secolo, tanto da essere soprannominato la Volpe Savoiarda. Primo re di casa Savoia, col suo lungo governo trasformò radicalmente la politica piemontese, rivendicando con orgoglio l’indipendenza del piccolo stato dalla Spagna e dalla Francia, pur essendo genero del Re Sole, Luigi XIV. Certo non si può dire che il successo della nostra Volpe sia dipeso dai “gressini”, ma la storia avrebbe potuto essere diversa se nella sua vita non fossero entrate quelle prelibatezze. I grissini sono conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, non solo in Italia, ma sono nati a Torino, o meglio nella provincia torinese, e a Lanzo il 7 giugno 1988 è stata posta una targa a perenne ricordo della sfiziosa invenzione. Non sono più molti i panificatori che si dedicano ai grissini, ma qualcuno ancora rimane, a Moncalieri, a Chieri, a Cambiano, a Santena, a Poirino, a Lanzo, naturalmente a Torino e in altri paesini del Piemonte, come Andezeno, o nel Monregalese. Fare il pane è un mestiere duro, si lavora di notte e manca la voglia di imparare i segreti di un’arte che purtroppo rischia di estinguersi. Sta scomparendo quel sublime profumo di pane appena sfornato, uno di quei profumi che entrano dentro e fanno venire l’acquolina in bocca. Conosco alcuni bravi “mastri panatari”, faccio anche un sacco di chilometri per trovare il grissino buono, del quale purtroppo sono molto goloso, l’importante è che loro tengano duro e continuino a creare il mitico “gherssin”, rubatà o stirato a mano che sia.
Fabrizio Scarpa – 5 giugno 2013 “il Mercoledì” numero 22 anno XIX
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