Questa volta mi tocca la parte dell’avvocato del Diavolo. Osama Bin Laden è morto? Evviva Barack Obama! Certo era ora che venisse catturato il principale rappresentante del terrorismo internazionale, il capo riconosciuto di Al Qaeda, introvabile da anni, che pareva si nascondesse in qualche grotta del montagnoso territorio afghano o pakistano, da cui ogni tanto ricompariva, armato dell’inseparabile kalashnikov, in qualche minaccioso videomessaggio. Se ne stava invece “tranquillo” in un complesso residenziale di lusso, con misure di massima sicurezza, senza connessioni telefoniche e internet, così da non rischiare intercettazioni, un vero e proprio fortino, con un muro di cinta alto più di cinque metri. Una corazzata di cemento a sessanta chilometri dalla capitale del Pakistan e “nessuno” sapeva che fosse lì, in qualche modo protetto dal governo di quel paese, mescolato a un gran numero di militari pachistani in pensione, come fosse uno di loro. Un reparto speciale americano, dopo quattro anni di indagini, ha fatto irruzione nel rifugio “sicuro” e ha colpito a morte Bin Laden e altre quattro persone. Fin qui tutto regolare. Era un feroce assassino a capo di una organizzazione di feroci assassini ed era importante che fosse catturato, vivo o morto. Certo sarebbe stato meglio “vivo”, perché da lui si sarebbero potute conoscere molte verità che invece resteranno per sempre sepolte, con lui, in fondo al mare. In fondo al mare? Non nella terra, perché nessuno ha voluto il suo cadavere per non creare un luogo di culto per gli estremisti islamici, ma la sua sepoltura si è svolta secondo la tradizione islamica, che prevede che la salma venga lavata, profumata, avvolta in un sudario e sepolta entro 24 ore. Una foto del suo volto sfigurato è stato diffusa in tutto il mondo; dopo qualche ora si è venuto a sapere che era un macabro montaggio realizzato al computer. Gli americani assicurano che gli esami del DNA confermano con assoluta certezza l’identità del defunto. Quanta fretta di liberarsi di Bin Laden, ingombrante in morte evidentemente quanto in vita. Non si può non ricordare che era salito alla ribalta internazionale molti anni fa quando, come alleato degli americani, a capo dei talebani aveva contribuito a cacciare i russi dall’Afghanistan, poi una serie di attentati sanguinari contro i suoi ex alleati (e non solo), poi l’11 settembre 2001 e poi … Speriamo che non venga idealizzato, non è di certo un martire.
Fabrizio Scarpa – 4 maggio 2011
“il Mercoledì” numero 18 anno XVII