Il Divo Giulio, Roma 14 gennaio 1919, capricorno, ha segnato, e in qualche modo continua a segnare, la storia politica italiana. Nel male e nel bene? Il confine è molto fragile in un personaggio praticamente impenetrabile, capace di grande ironia (anche nei confronti di se stesso) e di non fare trasparire reazioni fuori dalle righe. Una delle poche volte che si è leggermente spazientito è stato dopo la anteprima del film che il regista partenopeo (ma anche parteromano) Paolo Sorrentino ha mirabilmente girato sul periodo tra Tangentopoli e la chiusura del processo per mafia a carico del Divo, conclusosi con un totale proscioglimento, ma già alla seconda proiezione si è detto dispiaciuto di non partecipare alla divisione degli utili. Il sottotitolo , La vita spettacolare di Giulio Andreotti, fa capire immediatamente a cosa, e a chi, ci troviamo di fronte, dalle considerazioni e dalle risposte pronte: “guerre puniche a parte mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia” detto non con aria di vittimismo ma con compiacimento; “bisognava perpetrare il male per garantire il bene” pronunciato senza il minimo tremolio delle palpebre. Una interpretazione, quella del napoletano Toni Servillo, veramente stupefacente, con un grande lavoro sul personaggio, incassato nelle spalle, con i tic, col parlare sussurrante, con quel felpato scivolare per luoghi soffocati, conscio di avere in pugno tutti coloro che lo circondano, in quanto ancora più di lui implicati nel di tutto e di più. Resta il dubbio che dietro questa immutabilità, questo così celebre talento per la battuta, non ci sia, al di là della scaltrezza, una intelligenza meravigliosa. Aldo Moro ha scritto ad Andreotti in una delle sue ultime lettere: “…le manca il fervore umano…, lei passerà senza lasciare traccia!”. Gran bel film!
Fabrizio Scarpa – 4 giugno 2008
“il Mercoledì” numero 22 anno XIV